Le centrali di trattamento aria permettono di garantire un ambiente salubre ma anche il controllo di umidità e temperatura, evitando così la formazione di pericolose condense causa di muffe e batteri all’interno dei macchinari.
L’aria è componente essenziale e parte attiva di un molino industriale. Oltre ad essere impiegata per depolverizzare, trasportare e per permettere un corretto funzionamento dei diversi macchinari, è anche componente vitale e deve quindi essere regolata all’interno dell’edificio.
L’HVAC (acronimo inglese di Heating, Ventilating and Air Conditioning), ovvero Riscaldamento, Ventilazione e Condizionamento dell’Aria è senza dubbio uno dei design criteria da tenere in considerazione se si vuole progettare e realizzare un impianto molitorio altamente efficiente.
Un molino “consuma” aria e ha bisogno che questa venga costantemente reimmessa nell’edificio. A tal fine, nonostante nei Paesi con scarse escursioni termiche stagionali e budget ridotti siano ancora in uso finestre e louvres in parete, la maggior parte degli edifici di nuova concezione tende a privilegiare l’uso di centrali di trattamento aria (CTA) eliminando di fatto le finestrature.
Lo scopo è quello di garantire un clima salubre, costante e controllato durante tutte le stagioni evitando che la luce e le condizioni atmosferiche (caldo e freddo) possano alterare il processo tecnologico. Sbalzi di temperatura e umidità potrebbero infatti portare alla formazione di condense che sono causa di muffe ed infestazioni all’interno delle tubazioni.
Le centrali di trattamento aria vengono quindi installate all’interno degli impianti molitori con una duplice funzione:
- Mantenere una pressione positiva all’interno dell’edificio ricambiando e reintegrando l’aria utilizzata dai macchinari ed espulsa in atmosfera mediante elettroventilatori.
- Condizionare l’aria immessa negli ambienti.
Da un punto di vista prettamente impiantistico, le CTA sono macchine prevalentemente in esecuzione da esterno, da posizionarsi sul tetto degli edifici oppure al piano.
Il sistema è solitamente composto da:
- Un filtro G4 su presa d’aria esterna.
- Una batteria di riscaldamento/raffreddamento (componente opzionale).
- Un ventilatore pilotato da inverter in grado di aspirare l’aria e di convogliarla verso i punti di diffusione in ambiente.
- Un condotto di distribuzione dotato di serrande, plenum e griglie di mandata che servono sia a diffondere l’aria in modo che non entri in diretto contatto con le attrezzature sia a regolarne la velocità in modo che non risulti dannosa per gli occupanti (il valore fissato per i locali popolati è di 5 m/s). Questo condotto può essere ricavato all’interno dell’edificio (cavedio) oppure correre esternamente e verticalmente lungo una parete dello stesso variando in sezione a seconda del fabbisogno richiesto per ciascun piano (è compito dell’impiantista definire per ciascun livello dell’edificio il volume d’aria richiesto).
- Una zona di miscela con l’aria incanalata nuovamente nell’impianto che può essere posta o nella parte iniziale o nella parte centrale della macchina (solo nel caso di impianto a tutt’aria con ricircolo).
Visti i grossi volumi d’aria in gioco, ai fini del risparmio energetico, si tende ormai a recuperare l’aria calda proveniente dai ventilatori di aspirazione (si evita quella del pneumatico poiché umida) e a miscelarla con quella ambientale riducendo così i costi di riscaldamento.
Gli impianti più sofisticati e costosi, dotati di recuperatore di calore, presentano oltre al ventilatore di mandata anche uno di ripresa dell’aria trattata: in questo modo si creano due percorsi indipendenti, aria trattata ed aria da trattare.